Nel biennio 2016-17, nel campo delle malattie dell’esofago, uno dei principali indirizzi di studio della Fondazione Morgagni è quello di mettere il paziente al centro delle attività di ricerca per aggiungere a comprendere la sua visione della malattia, la sua percezione sui trattamenti avuti o in corso e la qualità della vita successiva alla cure.
Ad oggi oltre il 50% dei pazienti sopravvive almeno 2 anni dalla diagnosi di un tumore all’esofago, questo risultato ci pone di fronte al problema di comprendere come i cambiamenti fisici che il paziente ha dovuto subire per la cura, come per esempio l ‘ esofagectomia, condizionino la sua salute psicofisica e la qualità della vita.
In quest’ambito si inserisce il progetto LASER.
Nell’ambito delle malattie non neoplastiche, come per esempio l’acalasia, la Regione Veneto sta cercando di mettere un punto adeguati percorsi diagnostico-terapeutici, che facilitino ed indirizzino il paziente alle strutture in grado di trattare al meglio la sua malattia.
Per fare ciò, specie in un momento nel quale si sono affacciate nuove tecniche diagnostiche e nuove terapie, è necessario creare delle “Linee Guida” condivise da tutti gli “attori”:
medici di base, gastroenterologi, chirurghi e pazienti stessi.
Per questa ragione, in collaborazione con l’ISDE (International Society for Esophageal Disease) la Fondazione Morgagni ha messo a punto le nuove Linee Guida, organizzando un rigoroso processo di consenso con un gruppo di esperti internazionali e con le associazioni dei pazienti. Nella pagina Pubblicazioni alcuni contributi scientifici di approfondimento e qui sono scaricabili le Linee Guida per l’Acalasia esofagea.
Il Registro Veneto per l’Esofago di Barrett, che ha visto la sua nascita grazie a un’iniziativa della Fondazione Morgagni nel 2003, oggi rappresenta un successo nel suo ambito con oltre 1000 pazienti con una durata di 45 anni / paziente.
Il progetto di ricerca è quello di compilare l’analisi dei pazienti in parte già pubblicato nel 2012 e valutare i fattori di rischio per poter indirizzare i pazienti ad una sorveglianza “personalizzata” secondo il loro grado di rischio effettivo.